“Da bambino mi trovai davanti a un fenomeno che richiedeva una spiegazione.
Avevo appeso alla sponda del mio letto una calza vuota, che al mattino si era trasformata in una calza piena.
Io non avevo fatto proprio nulla per produrre le cose che la riempivano. Non avevo lavorato per loro, né le avevo fatte, né avevo dato una mano a farle.
Non ero nemmeno stato buono, al contrario…
E la spiegazione era che una certa creatura che le persone chiamavano Santa Claus era disposto benevolmente verso di me…
Quello che credevamo era che una certa agenzia benefica… ci avesse donato quei giochi per niente.
E, come dico, io lo credo ancora.
Ho semplicemente esteso l’idea.
All’epoca io mi domandavo solo chi fosse a mettere i giocattoli nella calza
vuota;
ora io mi domando Chi ha messo la calza accanto al letto,
e il letto nella stanza,
e la stanza nella casa, e la casa sul pianeta,
e il grande pianeta nel vuoto.
Una volta mi limitavo a ringraziare Santa Claus per qualche soldino e qualche dolcetto.
Ora, lo ringrazio per le stelle e i visi delle persone nelle strade,
per il vino, e il mare.
Una volta io pensavo fosse bellissimo e strabiliante
trovare un regalo così grande che entrava solo per metà nella calza.
Ora sono felice e sorpreso ogni mattina
nel trovare un regalo così grande che sono necessarie due calze per contenerlo, e poi ne resta fuori un buona parte;
è il grande e assurdo regalo di me stesso,
perché riguardo alla sua origine
io non posso offrire nessun suggerimento
tranne che Santa Claus me l’ha dato
in uno speciale momento di fantastica buon volontà”
(Gilbert K. Chesterton, lettera a The Tablet of London)